I nonni mi hanno insegnato la creatività
Oct 02, 2022
Lo sapevi che oggi 2 ottobre è la festa dei nonni?
Lo so, l’ennesima celebrazione messa a caso tanto per ricordarsi di festeggiare qualcuno o qualcosa.
O perché fa comodo al marketing.
Io credo tuttavia che ognuno sia più sensibile ad una festa piuttosto che ad un’altra, così da decidere di porre l’attenzione su cose differenti.
Dunque, chi mi conosce sa il valore che do agli anziani, quelle fragili rocce che uniscono il fu con l’è.
Che se sono in giro sicuro mi fermano. Ma perché io fermo già loro con il cuore che getta un filo invisibile verso di loro.
Giusto poco fa, davanti ad un supermercato chiuso, una signora sui 90 anni con le Ugg, la tuta viola e il piumino fucsia con il cappuccio al contrario mi ha fermato chiedendomi perché il supermercato non aprisse.
Aveva degli occhi così azzurri e cristallini che avrei potuto nuotarci dentro per leggerci tante di quelle cose. Che alla fine ho letto.
Anche mio nonno Cirillo aveva gli occhi azzurri così. Tanto dolore, tanta codardia, tanta voglia di acquisire quegli strumenti per imparare ad amare. Nessuno glie li avevi mai dati così ha fatto di testa sua.
Anche a mia nonna Cecchina, sua moglie, nessuno aveva mai spiegato il giusto modo per volere bene. Con il risultato di volersi male, e anche ad altre persone a lei vicine. Ma non era colpa sua.
Io sono stata molto fortunata: ho avuto dei nonni materni totalmente diversi da quelli paterni. Questo fritto misto ha contribuito a rendermi quella che sono adesso, ovvero una che sta bene e accetta tutti i contesti, con una creatività che ha attinto moltissimo dai due pianeti.
Le mie nonne diversissime da cui ho imparato cose diversissime
Da una parte c’era la nonna Tina, la moglie del giudice, bassina, sempre perfetta, rossetto in ogni occasione e borse di Roberta di Camerino a iosa.
Era la moglie del giudice, non le mancava niente, ma era d’un tirchio...
Aveva la buca dietro la nuca perché stava moltissimo in poltrona a guardare la Rai. Si alzava per controllare che io non mi andassi a provare i suoi vestiti.
Ovviamente c’andavo, e quando la sentivo avvicinarsi al luogo proibito, con quelle ciabatte strascicate, mi nascondevo dentro l’armadio.
Ancora ad oggi non ho mai capito il confine tra il suo essere naïf e il suo proteggersi in maniera scaltra ma malinconica. Ma sorrideva sempre.
E poi c’era la nonna Francesca, detta Cecchina: contadina, alta e magra, sempre in ciabatte e vestaglia. Cuoca provetta, la domenica tirava il collo alle galline, mentre il resto della settimana andava all’orto e cuciva.
Dava l’idea di amare solo mentre impastava e ballava. Per tutto il resto si spegneva e pareva non vivere, ma tirare avanti.La somiglianza con lei era così forte che a Ponte Buriano mi chiamavano Cecchina 3, dove la 2 era mia mamma. Non sorrideva quasi mai.
Cosa ho imparato dai miei nonni: diversi lati della creatività
Dalla nonna Tina ho imparato la creatività come capacità di abbinare le cose, da un punto di vista di armonie e colori. Oltre che quelle forme di cura necessarie, come indossare sempre il rossetto e uscire in ordine. Anche grazie a quelle stoffe della nonna sono diventata poi una consulente di stile che guarda gli armadi delle persone (senza giudicarle) per aiutarle ad abbinare i propri capi .
Dalla nonna Francesca ho imparato la creatività come problem solving: lei è nata con niente, s’è sempre dovuta arrangiare. Stare con lei mi ha aperto la mente alle alternative. Oltre che alla felicità come una cosa semplice. Anche grazie ai piani B della nonna, sono diventata “quella che va a parlare in giro di creatività come mezzo fondamentale per la vita professionale e privata”.
Il nonno Pino invece non l’ho mai conosciuto, ma lo “vedo” spesso. Ho ereditato la sua Olivetti, con la quale ho scritto papiri da bambina, e grazie alla quale mi sono sempre immaginata la vita del nonno per scene di vita quotidiana.
Grazie a quella Olivetti sono diventata poi una scrittrice.
Il nonno Cirillo parlava poco, e quando lo faceva si capiva a malapena. Da lui ho imparato a lasciare andare e ad ascoltare.
Anziani e creatività: un lavoro meraviglioso
Adesso i nonni non li ho più, ma considero nonni tutti gli anziani che incontro, che mi sorridono, che mi insegnano e mi ispirano.
Da pochi mesi lavoro per un’azienda che si occupa di strutture per anziani autosufficienti.
Curo la creatività e la produzione dei contenuti per il loro Instagram.
Significa che vado nelle strutture e imbastisco cose assieme a dei signori pazzeschi che arrivano anche a 98 anni: insieme recitiamo, facciamo video, giochiamo a cambiarci abiti, ma soprattutto parliamo e condividiamo un milione di cose.
Quello non può essere solo un lavoro. È un milione di altre cose.
Di sicuro per me è un sogno avverato, un’incredibile opportunità umana.
Farmi offrire il pane con il pomodoro fatto in casa da Mariolina perché lei ha sempre cucinato per 20 persone, ma che compra mobiletti su Amazon, accompagnare Fiorella praticamente solo in costume davanti al mare perché lei si vuole mettere in gioco, o ascoltare quei 96 anni di Ercole che ti spiega la domotica e scrive su whatsapp più velocemente di me, non credo possa essere una cosa troppo spiegabile qui.
Il valore degli anziani
Gli anziani vanno vissuti. Bisogna capirli, ascoltarli, smettere di giudicarli e amarli. Poi certo, fanno arrabbiare anche loro eh.
La mia è una specie di missione: quella di far capire quanto si può imparare da chi ha visto e vissuto più cose di noi, da chi ha punti di vista e chi vive in maniera totalmente differente. Lo faccio con i miei mezzi, mettendoli in progetti con brand (che accettano di averli come protagonisti al posto mio), come è successo con Crocs e Cimbali, raccontandoli sui miei canali, e stando con loro, nella vita vera.
Sono una preziosa risorsa e fonte di ispirazione, non una categoria da buttare o non prendere in considerazione.
Lunedì sono stata, ad esempio, al Museo della Scienza: era pieno di signori volontari che aiutavano a mettere in ordine e pulire il museo. Non è meraviglioso?
Ieri ho scritto a proposito questo pensiero, che poi ho accorciato per girarci un reel:
Nonna è colei che sfida la gravità attraverso ettolitri di lacca volendo arrivare con la chioma sempre più sù, al marchio di quella stessa lacca, Cielo. Che crede tu non mangi mai abbastanza. Che indossa sempre troppi anelli.
Nonno è colui che in tasca ha sempre una Rossana o una Gelo. Che ha un pile con la cerniera sul davanti, magari blu o verde, sicuro comprato dalla moglie. Che ha sempre le mani fredde, ma che si riscaldano immediatamente quando sminestrano le carte. Come se queste fossero infiammate di competizione.
Nonni sono colori che ti perdonano sempre tutto, che hanno le pareti che sanno di pomarola e briscola, che nascondono come i bambini i propri vizi. Che poi sono anche le virtù.
Che tengono a quelle forme che racchiudono un mare di contenuto.
Che ti insegnano la creatività perché sono nati solo con le loro mani, che piano piano diventano trafficate autostrade di pasta, fili e rosari.
Che scavalcano qualsiasi rancore familiare per arrivare a te, nipote, con l’aroma di Nivea e il sapore di gnocchi.
Che danno dignità alle panchine verdi, valore inestimabile al tempo, che allenano pazienza e tavole per preparale ad essere imbandite in un batter d’occhio perché qualcuno può sempre arrivare all’ultimo momento. Anzi, dovrebbe.
Che ascoltano senza la necessità di dover guardare il telefono o l’orologio.
Che uniscono il polo della purezza e del gioco dei bambini a quello della saggezza dei grandi dopo aver quasi riempito un immenso album fotografico, ancora da finire.
Oggi 2 ottobre è la festa dei nonni. Fermati a parlare con un anziano, sorridigli. Vedrai che sicuro ti regala una caramella. E quella sì che ti svolta la giornata.
Per loro la felicità è quella che dovrebbe essere per tutti: una cosa semplice.
Hai ascoltato il mio podcast, creaTTivamente? Parlo di creatività e argomenti contemporanei, lasciando a casa il politicamente corretto. LOL.
Itivircsi alla rettelswen!
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