Non sempre il brutto è il nuovo bello: da Balenciaga a Crocs

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Vorrei tu sapessi che in questo blog il più delle volte non scriverò quello che ti aspetti o che vorresti sentirti dire, e che non sarò fedele al politicamente corretto, ma che analizzerò ciascun argomento dal mio punto di vista, che include naturalmente la creatività, che è sempre legata al contesto storico e sociale.

Adesso che sai "come funziona" su Corsi Laterali, posso partire con un tema brutto anche se riguarda l'accessorio più amato  dal pubblico femminile, le scarpe da donna. Ma brutte.

Per affrontare questo tema, ho deciso di partire da questo sondaggio che ho lanciato qualche settimana fa sulla mia pagina Instagram, che non solo non ha premiato la bruttezza, ma l'ha fustigata

Facciamo chiarezza sul brutto e il nuovo bello

La bruttezza è stata demolita in un momento in cui la parola forse più utilizzata è “inclusività”, in cui il brutto è il nuovo bello, nel senso di strano, quindi cool, e la valutazione della forma si divide in due categorie:

- La prima è la categoria della forma di sé, la seconda è della forma di altro da sé.
Per quanto riguarda la prima, se sei bella come i filtri di Instagram volevano fino a poco tempo fa, e magari indossi pure una 40, dovresti sopportare di sentirti un po’ in colpa,

- Per la seconda, che comprende tutto quello che ti circonda, sappi che tutto dovrebbe essere lucente, meglio se bianco, e nel posto giusto, d'altra parte le case su Instagram (dove credo non ci possa vivere nessuno) sono così, no?Freak noi, perfettino tutto ciò che abbiamo noi. 

Insomma, dovresti essere diversamente bella, e i tuoi oggetti in ordine e simmetrici tra di loro, come se fossero un tuo opposto riflesso, perché ora è meglio se sei “asimmetrica” e ti mostri nella tua naturale imperfezione. 

Le regole non scritte del diversamente bello

Mi segui? Ti sto dicendo che secondo le regole creative non scritte di oggi dovresti preferibilmente non farti i peli, mangiare quello che ti pare e non andare dal chirurgo perché quella che conta è la bellezza interiore; però che se volessi fare la tua ora di yoga con l’insegnante occidentale, dovresti farlo con una pianta dietro, i colori dei muri grig-ini, il cactus di porcellana comprato all’Ikea, e uno sgabuzzino ricavato dal nulla per metterci tutte quelle cose non estetiche che ti servono nella vita vera, ma che a favore di camera non si vedono, of course.

Attenzione: non è quello che penso io, ma quello che succede nella realtà: io lo metto solo nero su bianco. Che piaccia o no. 

 Crocs: esempio di marketing di successo aldilà della bellezza

Però le Crocs, che appartengono alla categoria del tutto ciò che ti circonda deve essere bello e in ordine, non sono belle. Per questo ci tengo ad analizzare il caso dell’azienda americana, a partire dai risultati del sondaggio, e dal punto di vista della creatività, dove essa, la creatività, è intuizione, concretezza, funzionalità prima dell’estetica.

Dunque, le Crocs sono le scarpe da donna ritenute brutte, il mio sondaggio parla chiaro.
Nate nel 2002 come boat shoes senza la pretesa di essere wowNon volevano appartenere alla tendenza dell’ugly chic lanciata da Miuccia Pradaerano ugly e basta; la loro leggerezza, resistenza e impermeabilità, oltre che facilità di lavaggio, superavano qualsiasi finalità estetica.

La creatività deve risolvere i problemi

Ricordo cosa diceva Munari sulla creatività, anzi, se hai comprato il corso CREATTIVITÀ su Corsi Laterali lo sai: “mentre la fantasia può anche non tener conto della realizzabilità, la creatività è usata nel campo del design, considerando il design come modo di progettare, un modo che, pur essendo libero come la fantasia, comprende tutti gli aspetti di un problema, compresi quello psicologico, sociale, umano, economico”deve risolvere i problemi, il “fuori” viene dopo.

Il materiale delle scarpe da donna Crocs è una resina capace di assorbire urti e vibrazioni e distribuire correttamente il peso del piede, in più è impermeabile. Punto. Problema e soluzione.

Fattore target e inclusività: perché le Crocs hanno successo?

D’altro canto, la forma delle scarpe da donna di Crocs è assurda, fa sembrare il piede enorme, quando le indossi non ti senti manco un'adulta, e in teoria si abbinano a niente, quindi sono perfette per le persone non attente alla moda, praticamente quelle che non sanno vestirsi perché nel dubbio “’ndo cojo, cojo”.
Giusto? No. Perché chi disprezza compra. Quel brutto è diventato sempre più inclusivo, democratico, e come accade spesso per gli oggetti, non per gli umani perché non sarebbe politicamente corretto, ciò è ripetutamente dichiarato, dato che l’umano crede che la propria opinione sia fondamentale per l’ecosistema.

Le scarpe Crocs, a differenza dei cactus lucidi dell’Ikea, i materassi delocalizzati su balconi con le lucine e le lenzuola perfettamente in disordine, e le cucine dove non si cucina, sono riuscite a deragliare verso la categoria della forma di sé, che prevede che il brutto sia tale e cool.
La percezione è sempre la medesima: queste scarpe non le comprerà mai nessuno, ma l’azienda sembra immortale, nonostante negli anni abbia avuto delle difficoltà.

E qui arriva ancora una volta in aiuto la creatività.

Come vendere delle ciabatte che si comprerebbero Pluto e George Bush per stare in casa?

Con le edizioni speciali, le nicchie di mercato, e le collaborazioni, anche con quella moda che sembra irraggiungibile.
Fa di più: anticipa il trend motivazionale e lancia la campagna, alla quale ho partecipato anche io con un progetto che ti dirò nel mio secondo corso dedicato alla creatività su Instagram (che puoi trovare su Corsi Laterali), Come As You Are, ovvero sii te stesso, indossa quello che vuoi. Una delle testimonial è Drew Berrymore.
Effettivamente il messaggio di non seduzione che c’è dietro un paio di scarpe da donna di Crocs, oltre a quello della desacralizzazione dell’accessorio visto come il plus in grado di dare valore ad un intero look, è molto contemporaneo.

Da https://www.christopherkane.com/

Le collaborazioni che hanno portato le scarpe Crocs al successo

Insomma, nel 2018 Christopher Kane le porta in passerella in diverse fantasie, arricchite di svariati tanacchi (i Jibbitz), poi arrivano Balenciaga a mettere le zeppe alle ciabatte, Justin Bieber a completarle pure di calzini di spugna e ancora Demna Gvasalia a inventarsi dei tacchi quasi a spillo, etc etc.
Arrivo al punto: le Crocs, nate per soddisfare un’esigenza, quasi scomparse perché brutte e care, sono risorte grazie all’osservazione, allo studio, ad una visione aperta e non ottusa, caratteristiche fondamentali della creatività.

Da https://www.crocs.com/

Ma sempre brutte rimangono. Quindi perché le indossi, o vorresti? 

Perché dicendo palesemente “me ne fotto”, rispecchiano il desiderio di libertà, di rottura delle regole, di colore.
E chi sei tu per non urlare al mondo la tua libertà?
Ora te lo posso dire: io amo le Crocs. Le amo per il mondo I don't care costruito nel tempo, per il grandissimo lavoro creativo a monte e costante.
E alla fine sono così brutte da essere bellissime.

Hai ascoltato il mio podcast, creaTTivamente? Parlo di creatività e argomenti contemporanei, lasciando a casa il politicamente corretto. LOL. 

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